Il primo novembre 1818, il segretario di Stato John Quincy Adams, 51 anni, temeva notizie di sua madre, Abigail Adams, anche mentre era al lavoro a Washington, D.C. Non aveva visto sua madre da quando l’aveva visitata a casa in estate, ma sapeva che stava soffrendo di febbre tifoidea.
Abigail Adams, particolare del dipinto di Gilbert Stuart
Durante i suoi ultimi anni Abigail Adams sentì profondamente la perdita di sua figlia Nabby per un cancro al seno nel 1814. Aveva sofferto di mal di testa, reumatismi, congestione bronchiale cronica e ora tifo. Dopo una breve lotta Abigail Adams morì nella sua casa di Quincy, in Massachusetts, il 28 ottobre 1818. Era circondata dalla sua famiglia. Le sue ultime parole furono,
Non affliggerti, amico mio, mio carissimo amico. Sono pronta a partire. E John, non ci vorrà molto.
Due giorni dopo a Washington, D.C., John Quincy Adams scrisse nel suo diario che non aveva ricevuto la lettera che si aspettava da Quincy per comunicargli la brutta notizia. Tuttavia, rifletté sulle virtù di sua madre:
Mia madre era un angelo sulla terra. Era un ministro di benedizione per tutti gli esseri umani nella sua sfera d’azione. Il suo cuore era la dimora della purezza celeste. Non aveva sentimenti che non fossero di gentilezza e beneficenza, ma la sua mente era tanto ferma quanto il suo carattere era mite e gentile. Aveva conosciuto il dolore, ma il suo dolore era silenzioso. Aveva conosciuto il dolore, ma era depositato nel suo seno. Era la vera personificazione della virtù femminile, della pietà, della carità, della benevolenza sempre attiva e mai intermittente. Oh Dio, avrebbe potuto essere risparmiata ancora per un po’! La mia sorte nella vita è stata quasi sempre gettata a distanza da lei. Non ho goduto che per brevi periodi, e a lunghi e lontani intervalli, della felicità della sua compagnia, eppure è stata per me più che una madre. È stata uno spirito dall’alto che vegliava su di me per il bene e che contribuiva, con la mia sola coscienza della sua esistenza, al conforto della mia vita. Quella coscienza non c’è più, e senza di lei il mondo mi sembra una solitudine. Oh! cosa deve essere per mio padre, e come potrà sostenere la vita senza colei che è stata per lui il suo fascino? Non la mia volontà, Padre celeste, ma la tua, sia fatta.
Il giorno dopo, un lunedì, John Quincy Adams ricevette la temuta lettera:
La posta mi aveva portato una conferma troppo fatale delle mie apprensioni in una lettera di mio figlio John, datata a Boston mercoledì scorso, il 28 ottobre, informandomi che tra le undici e l’una di quel giorno mia madre, amata e compianto più di quanto la lingua possa esprimere, ha ceduto il suo spirito puro e gentile al suo Creatore. Era nata l’11/22 novembre 1744, e aveva compiuto
casa a Quincy
meno di un mese del suo settantaquattresimo anno. Se fosse vissuta fino all’età dei patriarchi, ogni giorno della sua vita sarebbe stato pieno di nuvole di bontà e di amore. Non c’è virtù che possa rimanere nel cuore femminile, ma era l’ornamento del suo. Era stata per cinquantaquattro anni la delizia del cuore di mio padre, l’addolcitore di tutte le sue fatiche, il consolatore di tutte le sue pene, il partecipe e l’esaltatore di tutte le sue gioie. Fu solo l’ultima volta che vidi mio padre che mi disse, con … gratitudine al Datore di ogni bene e di ogni dono perfetto, che in tutte le vicissitudini della sua fortuna, attraverso tutte le buone e le cattive notizie del mondo, in tutte le sue lotte e in tutti i suoi dolori, l’affettuosa partecipazione e il confortante incoraggiamento di sua moglie erano stati il suo inesauribile sostegno, senza il quale era sicuro che non avrebbe mai potuto vivere. Era la figlia di William Smith, ministro di Weymouth, e di Elizabeth Quincy, sua moglie. Oh, Dio, possa io morire la morte dei giusti, e che la mia ultima fine sia come la sua! Nel ricevere questa informazione profondamente angosciante, lasciai immediatamente il mio ufficio e tornai a casa. Dopo aver assecondato la debolezza della natura, ho scritto lettere a mio padre e a mio figlio John.
John Quincy Adams si prese il giorno successivo di riposo dal lavoro, sperando in altre lettere di Quincy che non arrivarono mai. Poi finì di scrivere i suoi ricordi di Abigail Adams:
Se c’è esistenza e castigo oltre la tomba, mia madre è felice. Ma se la virtù è la sola felicità in basso, mai l’esistenza sulla terra fu più benedetta della sua. Si sposò il 25 ottobre 1764, all’età di vent’anni, ed ebbe cinque figli, tre maschi e due femmine. Solo due dei figli maschi le sono sopravvissuti. Non ho mai conosciuto un altro essere umano il cui oggetto perpetuo
John Qunicy Adams (George Peter Alexander Healy)
vita era così incessantemente fare del bene. Era una necessità della sua natura. Eppure così poco appariscente, così inconsapevole anche, della propria eccellenza, che anche gli oggetti della sua gentilezza spesso non sapeva da dove veniva. Aveva visto il mondo – le sue glorie, senza esserne abbagliata; i suoi vizi e le sue follie, senza esserne infettata. Aveva sofferto spesso e gravemente di attacchi di malattie lunghe e dolorose, sempre con calma e rassegnazione. Aveva una sensibilità profonda, ma non invadente. Era sempre allegra, mai frivola; non aveva né fiele né astuzia. La sua attenzione all’economia domestica della sua famiglia era impareggiabile: si alzava all’alba e sovrintendeva alle faccende domestiche con una cura instancabile e lungimirante. Aveva un gusto caldo e vivace per la letteratura, per la conversazione sociale, per tutto ciò che era interessante negli avvenimenti del tempo, e anche negli affari politici. Era stata, durante la guerra della nostra Rivoluzione, un’ardente patriota, e la prima lezione di sconfinata devozione alla causa del loro paese che i suoi figli ricevettero fu da lei. Aveva il più delicato senso della correttezza della condotta, ma niente di poco caritatevole, niente di amaro. Il suo prezzo era davvero superiore ai rubini. Ma, oh, mio padre! Il mio vecchio e sempre venerato padre! Quale conforto è rimasto ora che può attaccarlo alla vita. Dio misericordioso, sii tu il suo rifugio e il suo sostegno, e nella tua sovrana bontà provvedi a lui consolazioni che questo mondo non può dare. È per lui, e per sentire da lui, che la mia ansia ora grava sulla mia mente.