Tom ParsonsModifica

“Parsons lavorava con Winston al Ministero della Verità. Era un uomo grassoccio ma dinamico, di una stupidità sconfortante, un concentrato di entusiasmo imbecille, uno di quegli sgobboni adoranti e votati alla più cieca obbedienza, sui quali, più che sulla Psicopolizia, si reggeva la stabilità del Partito.”

(George Orwell, 1984, parte prima cap. II, p. 24.)

Tom Parsons è il vicino di casa di Winston Smith, nella sua abitazione agli Appartamenti Vittoria. Ha trentacinque anni ed è sposato con la Signora Parsons con cui ha due figli, fanaticamente aderenti all’organizzazione giovanile delle Spie: sarà proprio la figlia dei Parsons a denunciare il padre alla Psicopolizia per aver commesso uno psicoreato nel sonno. Prima dell’arresto, Parsons lavorava al Ministero della Verità proprio come Winston, e si incontravano spesso alla mensa. Era anche un membro importante del Comitato Sportivo o dei comitati per l’organizzazione delle gite in comitiva e per varie attività di volontariato. Tom Parsons è un individuo dalla scarsa intelligenza (come ammette senza difficoltà egli stesso) che per questo compie con zelo ogni compito che il Partito gli affida, sperando di non cadere mai nelle mani della Psicopolizia. Tuttavia, sorpreso dalla figlia mentre nel sonno sussurra “Abbasso il Grande Fratello”, viene tradotto nelle celle dei prigionieri politici nei sotterranei del Ministero dell’Amore dove incontra per l’ultima volta Winston. Tom Parsons esce di scena, “con i suoi calzoncini color kaki e una maglietta a mezze maniche”, diretto alla Stanza 101 del Ministero dell’Amore. Ragionevolmente possiamo pensare che non sia più uscito vivo dal Ministero, o nella migliore della ipotesi che gli siano stati appioppati svariati anni di lavori forzati (sebbene lui sia ottimista al riguardo, immaginandone al massimo dieci).

Signora ParsonsModifica

“Sulla soglia vi era una donnetta insignificante, dall’aria disfatta, i capelli troppo sottili e una faccia piena di rughe.”

(George Orwell, 1984, parte prima, cap. II, p. 23.)

La Signora Parsons è la moglie di Tom Parsons, ed entrambi sono vicini di casa di Winston. Sovente la Parsons si reca da Winston per chiedergli piccole riparazioni in casa quando il marito è assente. È una donna di trent’anni circa, pur dimostrandone molti di più a causa delle rughe e dell’aspetto trasandato (ogni tipo di trucco femminile era bandito dal Partito). La Signora Parsons è casalinga, e si occupa della cura dei due figli, che crescono come piccoli fanatici del Partito. Si ignora la fine della donna. Nel caso suo marito sia stato “vaporizzato” dopo l’arresto per psicoreato, non è improbabile pensare che anche lei possa aver subito la stessa sorte.

I figli dei ParsonsModifica

“”Mani in alto!” strillò una voce selvaggia. Un bel bambino di nove anni dall’aria minacciosa era balzato da dietro il tavolo, puntandogli contro una pistola giocattolo, mentre la sorellina, di un paio d’anni più piccola, faceva lo stesso gesto con un pezzo di legno. Indossavano entrambi l’uniforme delle Spie, vale a dire calzoncini azzurri, camicie grigie e fazzoletti rossi al collo.”

(George Orwell, 1984, parte prima, cap. II, pp. 25-26.)

I due figli dei Parsons sono un maschietto e una femminuccia, rispettivamente di nove e sette anni. Entrambi sono stati cresciuti e allineati fin dalla nascita nell’ottica del Partito. Sono membri dell’associazione giovanile delle Spie, crescono ovvero con lo scopo di rintracciare più traditori e psicocriminali possibile. A questo scopo, verranno forniti anche di un cornetto con cui origliare alle porte. La figlia accuserà il padre Tom Parsons di psicoreato spedendolo direttamente al Ministero dell’Amore.

TillotsonModifica

“Nel cubicolo di fronte al suo, il compagno Tillotson era ancora acquattato con aria furtiva sul suo parlascrivi. Alzò un istante la testa. Di nuovo quel riflesso ostile sui suoi occhiali.”

(George Orwell, 1984, parte prima, cap. IV, p. 48.)

Tillotson è un impiegato del Ministero della Verità che ha il suo ufficio -anzi, il suo “cubicolo”- davanti a quello di Winston. Si scambiano occhiate sospettose, tanto che Winston verrà spinto a pensare che sia un agente della Psicopolizia che lo controlla. Tuttavia, almeno a quanto ci è dato sapere, non sarà certo Tillotson ad arrestare Winston.

AmpleforthModifica

“Il poeta Ampleforth entrò strascicando i piedi nella cella. (…) Erano anche diversi giorni che non si radeva. Una barba incolta gli copriva la faccia fino agli zigomi, confermandogli un’aria ribalda che strideva con la sua corporatura grossa ma gracile e coi suoi movimenti nervosi.”

(George Orwell, 1984, parte terza, cap. I, pp. 237-238.)

Ampleforth è conosciuto come il poeta: è infatti un membro dell’ufficio del Ministero della Verità che si occupa di tradurre in neolingua tutti i testi letterari scritti in archeolingua, ovvero in quella che noi conosciamo come lingua inglese: quindi le opere di William Shakespeare, Charles Dickens, Rudyard Kipling. Sarà proprio una poesia di Kipling a decretare la sua condanna a morte: nella redazione di quella poesia in neolingua infatti si era rifiutato di togliere una rima con la parola “Dio”, che doveva essere cancellata dai dizionari. Ampleforth incontrerà per l’ultima volta Winston nelle celle del Ministero dell’Amore, prima di essere avviato alla Stanza 101.

SymeModifica

“Syme era un filologo, specialista in neolingua. (…) Era un ometto esile, dalla corporatura più piccola di quella di Winston, con capelli neri e grandi occhi sporgenti, pieni di malinconia e arguzia a un tempo, che tutte le volte in cui vi rivolgeva la parola sembravano passare in rassegna ogni singolo lineamento del vostro volto.”

(George Orwell, 1984, parte prima, cap. V, p. 52.)

Syme è un altro impiegato del Ministero della Verità, che collabora alla redazione dell’Undicesima Edizione del Dizionario di Neolingua. Talvolta si incontra con Winston alla mensa ministeriale, dove lui gli espone le linee essenziali del suo lavoro. Winston pensa che Syme verrà “vaporizzato” ben presto dalla Psicopolizia: egli infatti è troppo intelligente per non essere scomodo al Partito. Difatti un giorno Syme verrà vaporizzato, e di lui non si saprà più nulla: secondo la prassi, il suo nome è cancellato da ogni documento ufficiale e ufficialmente lui non è mai esistito.

KatharineModifica

“Katharine era una ragazza alta, bionda, con un bel portamento e movimenti splendidi. Il suo volto ostentava disinvoltura e risolutezza, uno di quei volti che ci si arrischierebbe a definire nobili, fino a quando si scopre che dietro non c’è praticamente nulla.”

(George Orwell, 1984, parte prima, cap. VI, p. 71.)

Katharine è la moglie di Winston, dalla quale lui si è separato da circa undici anni dall’inizio della vicenda del romanzo. Era una bella donna, tuttavia rigidamente fedele al Partito e al principio del Socing, tanto che il marito la soprannominava mentalmente “il grammofono umano”: ripeteva infatti a memoria slogan e frasi fornite dal Partito ad uso e consumo dei suoi componenti. La separazione della moglie dal marito fu dovuta soprattutto all’aspetto sessuale: lei infatti, ligia ai dettami del Partito, durante l’accoppiamento sembrava “una marionetta di legno con gli arti snodabili”. Katharine imponeva a Winston di accoppiarsi una volta alla settimana, lo stesso giorno alla stessa ora, nel semplice tentativo di concepire un bambino da dare al Partito per fare il proprio dovere di cittadini oceanici. A questo punto, soprattutto anche per la mancanza di figli, Winston preferì la separazione dalla consorte. Il lettore ad ogni modo ignora la fine di Katharine.

MartinModifica

“”Prendi anche tu una sedia, Martin. Sono cose serie. Per i prossimi dieci minuti puoi smettere di fare il domestico.” L’uomo si mise comodo, pur conservando una certa aria servile, tipica del cameriere al quale sia stato concesso un privilegio.”

(George Orwell, 1984, parte seconda, cap. VI, p. 179.)

Martin è il maggiordomo di O’Brien. I membri del Partito Interno, dunque i gerarchi del Socing, hanno tutti al servizio almeno due o tre servitori. Martin è uno di questi. Viene invitato da O’Brien stesso a sedersi assieme a lui e a Winston e Julia che discutono delle teorie goldsteiniane e dell’opposizione al Partito. Nella sua figura, come nota giustamente Winston nel passo in citazione, si nota che “la sua vita è una recita continua”.

Signor CharringtonModifica

“Era un uomo sulla sessantina, magro e ricurvo, con un naso lungo che dava al suo volto un’aria benevola, e un paio di occhi buoni, distorti da occhiali assai spessi. Benché i capelli fossero quasi bianchi, le sopracciglia erano folte e nere. Gli occhiali, uniti ai suoi movimenti gentili e precisi e al fatto che indossava una vecchia giacca di velluto nero, gli conferivano una certa aria da intellettuale, come se in passato fosse stato un uomo di lettere o un musicista.”

(George Orwell, 1984, parte prima, cap. VIII, p. 99.)

Il Signor Charrington è il proprietario di una bottega da antiquario frequentata da Winston, ubicata nei vicoli di Londra abitati dai prolet.

Il personaggio è un conoscitore delle tradizioni britanniche, quelle stesse tradizioni che il Partito cerca di sradicare e riscrivere continuamente raccogliendo tutte le versioni “non aggiornate” dei documenti che i “compagni” (comrades nel testo originale) sono invitati a infilare nelle “buche della memoria” durante la loro vita quotidiana.

Winston conosce il vecchio perché aveva comprato presso la sua bottega un vecchio quaderno fuori fabbricazione, mentre era alla ricerca di lamette da barba. In quell’occasione il vecchio gli rammenta parte di un’antica filastrocca della quale non ricorda il finale. In seguito Winston ritorna presso la bottega del vecchio, comprando un fermacarte di corallo che lo aveva affascinato. Infine, gli affitta la stanza, arredata “all’antica” – alla maniera cioè di prima della Rivoluzione – nella quale avverranno i suoi incontri clandestini con Julia, precisando che “non ci sono teleschermi in questa stanza”. Sarà sempre lui, al momento dell’arresto, dopo che le mascherature davanti ai vari apparecchi di sorveglianza presenti cadono mentre Winston e Julia stanno facendo l’amore, a palesarsi per quello che è ed a ricordare la strofa finale: “Ecco la carrozza che ti porta alla festa, ecco la scure ti taglia la testa.”

Aaronson, Jones e RutherfordModifica

“Erano di gran lunga più vecchi di lui, ciò che restava di un mondo remoto, forse gli ultimi sopravvissuti ai primi, eroici giorni della storia del Partito. Attorno a loro aleggiava l’incanto della lotta clandestina e della guerra civile.”

(George Orwell, 1984, parte prima, cap. VII, pp. 80-81.)

Aaronson, Jones e Rutherford sono tre dei fondatori del Socing, in origine alleati del Grande Fratello e ad Emmanuel Goldstein. Protagonisti del periodo rivoluzionario, divennero scomodi per gli scopi del Partito e attorno al 1965 furono arrestati dalla Psicopolizia, che li rilasciò alcuni anni dopo. Entrano nella storia di Winston quando lui li incontra presso il Bar del Castagno, un locale di Londra frequentato soprattutto da sospetti oppositori politici al Regime. Così Winston può riconoscere le loro facce in un documento che al Ministero della Verità gli viene chiesto di falsificare: potrebbe dimostrare che il Partito modifica costantemente il passato, tuttavia allora lascia cadere l’occasione eseguendo gli ordini impartitigli. Ad ogni modo, i tre personaggi in questione saranno definitivamente “vaporizzati” dalla Psicopolizia.

L’uomo dalla faccia di teschioModifica

“L’uomo prese posto sulla panca, a breve distanza da Winston. Winston non lo guardò più, ma quella faccia sofferente, scarnificata come un teschio, gli si era impressa nella mente, come se l’avesse davanti. All’improvviso capì: quell’uomo stava morendo di fame. E parve che in quel momento nella cella tutti stessero pensando la stessa cosa.”

(George Orwell, 1984, parte terza, cap. I, p. 242.)

L’uomo “dalla faccia di teschio” è un misterioso prigioniero che Winston incontra durante la sua reclusione nel Ministero dell’Amore. È un uomo che sta soffrendo evidentemente i sintomi della fame, e così un altro prigioniero, quello che Orwell chiama “l’uomo senza mento”, gli offre un tozzo di pane: subito il teleschermo di guardia se ne accorge e gli agenti di sorveglianza picchiano “l’uomo senza mento” costringendolo a gettare a terra il pane. In seguito, quando gli agenti vengono a prendere “l’uomo dalla faccia di teschio” per portarlo nella Stanza 101, egli dà vita ad una sceneggiata per commuovere i militari, gettandosi per terra ed arrivando ad accusare “l’uomo senza mento” di aver compiuto gravissimi atti di insubordinazione al Partito. Tuttavia, l’attacco all’uomo che voleva aiutarlo non gli varrà la salvezza: la Psicopolizia lo porterà di peso nella famigerata Stanza 101.

BumsteadModifica

“Di fronte a Winston sedeva un uomo senza mento e coi denti sporgenti, che somigliava in tutto a un grosso e inoffensivo roditore.”

(George Orwell, 1984, parte terza, cap. I, p. 242.)

J. Bumstead è l’autore di un gesto di straordinaria forza umana all’interno delle prigioni del Ministero dell’Amore: per aiutare l'”uomo dalla faccia di teschio” che stava morendo di fame, egli estrae dalla tasca della tuta un tozzo di pane e si dirige verso di lui per offrirglielo: tuttavia il teleschermo si accorge del gesto, assolutamente vietato tra i detenuti, e lancia l’allarme: accorrono pertanto i poliziotti che picchiano selvaggiamente l'”uomo senza mento” che paga così il suo atto caritatevole verso colui che, in seguito, cercherà di accusarlo ingiustamente di aver commesso insubordinazione dopo il pestaggio. Tuttavia, anche la sua fine sarà nella Stanza 101.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.