EXEGETICO (LINGUE ORIGINALI)

1. nascondere] o, deporre, R.V.; come un tesoro conservato con cura.
Versi 1-22. – 3. Terzo discorso ammonitorio, che indica i benefici che derivano da una ricerca sincera, seria e perseverante della Sapienza. Questo discorso si divide in tre parti.
(1) Vers. 1-9: una dichiarazione delle condizioni che, se soddisfatte, portano alla più alta conoscenza di Geova – il timore di Geova e la conoscenza di Dio, che è la fonte della saggezza e la protezione e la garanzia di sicurezza per i giusti.
(2) Vers. 10-19: i risultati negativamente benefici della Saggezza, nella liberazione dai sentieri del male, dalle concupiscenze e passioni distruttive, dalle tentazioni degli uomini malvagi e delle donne malvagie.
(3) Vers. 20-22: l’epilogo, o conclusione, che unisce l’incoraggiamento da una parte e l’avvertimento dall’altra. Versetto 1. – Il maestro ritorna qui alla forma originale del suo discorso, come appare dall’uso del termine, figlio mio. Sembra chiaro che non è più la Sapienza personificata che parla, dal fatto che le parole “saggezza e comprensione” al ver.2 sono usate senza il pronome possessivo. 2 sono usate senza il pronome possessivo “mio”, che sarebbe stato senza dubbio inserito se questo discorso fosse stato una continuazione del discorso del capitolo precedente. Alcune delle idee di quel discorso, tuttavia, sono riaffermate, come il pianto e l’innalzamento della voce dopo la Sapienza, e la conclusione, dove sono raffigurati i rispettivi destini dei pii e dei malvagi. La particella “se” (אֵם) è condizionale, e serve a introdurre la serie di clausole (vers. 1-4) che stabiliscono le condizioni da cui dipendono le promesse, e che formano la protasi alla doppia apodosi nei vers. 5 e 9. De Wette, Meyer e Delitzsch lo considerano come volontativo, come espressione di un desiderio da parte del maestro, e traducono: “Oh che tu voglia!” e אִם, “se”, è usato in questo modo nel Salmo 139:19; ma i LXX. (ἐάν) e la Vulgata (si) lo rendono condizionale. Si ripete in forma enfatica al ver. 3. Ricevere. I verbi “ricevere” e “nascondere” mostrano che lo sforzo dopo la Sapienza deve essere candido e sincero. “Ricevere” (לָקַה) sembra essere qui usato, come i LXX. δεχέσθαι nel senso di “ricevere benevolmente”, “ammettere le parole della Sapienza”. Si nota che c’è una gradazione di enfasi nei vari termini qui usati dal maestro. Come “comandamenti” è più forte di “parole”, così “nascondere” è più forte di “ricevere”. L’enfatizzazione è portata avanti nei versi seguenti nello stesso modo, e alla fine culmina nel ver.4, che riassume l’ardore del messaggio. 4, che riassume lo spirito ardente con cui la ricerca della Sapienza deve essere perseguita nel presentarcela nella sua forma più forte. Nascondi. L’originale (צַפַן, tsaphan) è qui usato in un senso diverso da quello in cui ricorre in Proverbi 1:11 e 18. Qui si riferisce, come in Proverbi 7:1; Proverbi 10:14; e Proverbi 13:22, alla conservazione o al deposito, come un tesoro, in qualche deposito segreto, e significa “deporre”. I comandi divini del maestro devono essere nascosti in una custodia sicura nella memoria, nella comprensione, nella coscienza e nel cuore (cfr. Proverbi 4:21; Proverbi 7:1). Il salmista esprime la stessa idea nel Salmo 119:11, “Le tue parole le ho nascoste nel mio cuore, per non peccare contro di te”. Proverbi 2:1La prima אם, con ciò che introduce, Proverbi 2:1, Proverbi 2:2, è da interpretare come un’esclamazione, “O che!” (O si), e poi come un optativo, come Salmo 81:9; Salmo 139:19. אז …כּי, Proverbi 2:3-5, con le clausole di collegamento inserite, sarebbe quindi confermativo, “per allora”. Ma poiché questo poeta ama dispiegare uno stesso pensiero in forme sempre nuove, si deve forse iniziare le premesse condizionali con Proverbi 2:1, e considerare כּי אם come un nuovo inizio. Hitzig prende questo כי אם nel senso di imo: “molto di più se tu vai ad incontrarla, per esempio, con un’indagine curiosa, non semplicemente le permetti di venire tranquillamente da te”. אם conserverebbe allora il suo significato condizionale; e כּי come in Giobbe 31:18; Salmo 130:4, poiché implica un negativo intenzionale, riceverebbe il significato di imo. Ma le frasi che si trovano insieme a אם sono troppo strettamente correlate nel significato per ammettere una tale negazione tra loro. כּי sarà dunque confermativo, non mediatamente, ma immediatamente; è il “per uguale sì” di conferma delle condizioni precedenti, e le riprende (Ewald, 356, b, cfr. 330 b) dopo che la forma della clausola condizionale è stata abbandonata. Il צפן, che in Proverbi 1:11, Proverbi 1:18, è il sinonimo di צפה, speculari, si presenta qui, 1b, 7a, come sinonimo di טמן, donde מטמנים, sinon. di צפוּנים, recondita; il gruppo di suoni, צף, צם, טם (cfr. anche דף, in arabo dafan, da cui dafynat, tesoro), esprime sfumature della rappresentazione radicale di premere insieme. L’inf. della conclusione להקשׁיב, inclinare (Gr. Venet. ὡς ἀκροῷτο), è seguito dall’accus. dell’oggetto אזנך, il tuo orecchio, perché הקשׁיב significa propriamente irrigidire (non purgare, come Schultens, né affilare, come pensa Gesenius); cfr. sotto Salmo 10:17. Con חכמה si scambiano בּינה, che significa propriamente ciò che è distinto o separato, e תּבוּנה, che significa il distinguere, separare, appellativi della capacità di distinguere in casi determinati e in generale; ma non lo rappresenta come una facoltà dell’anima, ma come una potenza divina che si comunica come dono di Dio (carisma).

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