Aggiungi il saccheggio allo stupro e improvvisamente ha una certa aria di divertimento da sballo.
-David Mitchell (2009)
La frase “stupro e saccheggio” è diventata quasi sinonimo di vichingo. Nei titoli dei giornali, nelle guide, nei libri di testo, nei romanzi rosa, nei cartoni animati e nelle mostre dei musei, “stupro e saccheggio” funge da stenografia per tutti i crimini vichinghi, siano essi reali o puramente fittizi. Paradossalmente, la frase è diventata sancita dalla retorica di sfatare, o almeno problematizzare, la nozione semplicistica di vichinghi assetati di sangue. Un popolare libro di testo introduttivo spiega che “a dominare la percezione popolare del popolo che uscì dalla Scandinavia nell’età vichinga è l’immagine del guerriero assetato di sangue votato al massacro, allo stupro e al saccheggio” (Forte, Oram, e Pedersen 2005, 299). Una scrittura più popolare impiega una retorica simile; in un articolo di recensione della nuova mostra sui vichinghi del British Museum, Simon Armitage (2014) scrive per il Guardian: “il tubo che cerca semplicemente i berserker stupratori e saccheggiatori della leggenda potrebbe rimanere sorpreso.”
La questione della brutalità vichinga o della sua assenza è una questione che è stata dibattuta per oltre cinquant’anni, guidata in particolare dal lavoro di Peter Sawyer (1962). Ma in tutti questi dibattiti sulla brutalità vichinga, ciò che sembra non essere mai criticato è l’uso della frase “stupro e saccheggio” per indicare una gamma spesso non specificata di crimini di guerra vichinghi. Perché l’immagine dello stupro vichingo è saldamente radicata nella nostra immaginazione moderna. Nei film, nei romanzi d’amore e in una serie di media moderni, i pelosi signori della guerra vichinghi violentano le donne tra le rovine dei loro villaggi in fiamme. Portano via belle donne con minacce grafiche e dettagliate di stupro in cattività. Vichinghi ubriachi e banchettanti palpeggiano e guardano con aria di sufficienza le belle ragazze della sala dell’idromele o le schiave poco vestite, e vecchi vichinghi brizzolati ricordano i loro giorni di gloria di stupri e saccheggi. Diventa quindi chiaro che parte della risposta a come la frase “stupro e saccheggio” sia stata associata ai vichinghi deve comportare un’esplorazione di come lo stupro e la violenza contro le donne siano stati identificati così strettamente con i vichinghi e le incursioni vichinghe. In quello che segue, cercherò di tracciare l’evoluzione del tropo dello stupro vichingo, e come lo stupro sia arrivato ad essere così strettamente associato all’immagine popolare del vichingo. Nel processo, fornirò anche una discussione sull’evoluzione della frase “stupro e saccheggio” e cercherò di dimostrare come il suo uso polemico all’inizio del diciannovesimo secolo si sia prestato perfettamente al suo uso successivo nelle rappresentazioni di stupri e rapimenti vichinghi.
La figura del vichingo rappresenta spesso una forma molto specifica di mascolinità, che comprende nozioni di violenza, dominio e altre caratteristiche aggressive. Ricerche recenti hanno toccato il ruolo del vichingo immaginato nella naturalizzazione dei modelli di dominio nel presente, come nelle narrazioni anglo-americane di conquista e colonialismo (Kolodny 2012), o nelle ideologie germaniche di superiorità razziale del primo Novecento (Irlenbusch-Reynard 2009). Non sorprende che siano stati associati anche alla dominazione delle donne e all’estremo offuscamento dei confini tra sesso consensuale e stupro che costituisce la moderna cultura dello stupro.1 I vichinghi, con le loro gigantesche asce da battaglia e il loro aspetto muscoloso, simbolizzano perfettamente “la natura aggressiva-passiva, dominante-sottomessa, io-Tarzan-tu-Jane della relazione tra i sessi nella nostra cultura” (Herman 1994, 45). Con la sua stretta correlazione al più ampio “sesso e violenza”, la frase “stupro e saccheggio” è arrivata a incapsulare questo paradosso e a descrivere perfettamente una forma violenta e dominante di sessualità maschile. La frase è usata in una notevole gamma di testi e generi, dalle guide danesi ai moderni romanzi d’amore. Non limitandosi a descrivere letteralmente i vichinghi, la frase è usata per evocare una particolare marca di sessualità maschile anche ai giorni nostri. L’eroe del romanzo moderno, Catch a Mate di Gena Showalter, per esempio, è introdotto in termini fortemente medievali:
Da dietro era bellissimo. Da davanti era ancora più delizioso di quanto lei avesse sospettato. Incredibilmente delizioso, in realtà. Alto…
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